Il Metaverso è Morto (per Colpa Nostra)
Nel giro di pochissimi anni, il “metaverso” è passato dall’essere la promessa di una nuova era digitale al diventare un termine quasi imbarazzante, relegato ai comunicati stampa d’archivio. Annunciato come la prossima rivoluzione di Internet, oggi sopravvive a malapena nei titoli di qualche convegno e nelle brochure dei visori XR. Nel frattempo, l’intelligenza artificiale ha catalizzato l’attenzione globale, lasciando dietro di sé un ecosistema immersivo frammentato, acerbo e spesso vuoto. La domanda è inevitabile: come abbiamo potuto bruciare un’idea tanto potente in così poco tempo?
1 - L’Hype che ha divorato sé stesso
La corsa al metaverso è stata alimentata da aspettative irrealistiche. Lo si è presentato come la soluzione universale per lavoro, socialità e intrattenimento, quando la tecnologia non era nemmeno lontanamente pronta per sostenere quella visione. Si è preferito l’annuncio alla costruzione, il trailer alla trama. L’effetto? Una fiammata iniziale e un raffreddamento rapidissimo.
2 - Tecnologia immatura, esperienze deboli
Visori costosi e scomodi, infrastrutture di rete non sempre adeguate, mondi grafici spesso scadenti o deserti: l’esperienza immersiva non era all’altezza della retorica. Mancavano le cosiddette killer app, quei contenuti capaci di rendere indispensabile un nuovo ambiente digitale. Molti ambienti virtuali sono rimasti esperimenti senza continuità.
3 - Nessuno sapeva davvero cosa fosse
“Metaverso” è stato un termine ombrello usato per qualsiasi cosa: dai videogiochi ai mondi blockchain, dalle piattaforme VR sociali alle esperienze aziendali. Questa confusione concettuale ha disorientato utenti, imprese e università. Senza un linguaggio comune né modelli chiari, era difficile costruire una cultura condivisa.

4 - Un racconto superficiale
Uno dei peccati più gravi è stato comunicare male. Il metaverso (che tutt’ora è una parola che Word o qualsiasi altro software segnala come errore) è stato venduto come una moda più che spiegato come una tecnologia con radici storiche, potenzialità culturali e impatti sistemici. Molte università si sono accodate, lanciando corsi dal costo elevato, più interessate al “nuovo trend” che a costruire contenuti nativi e contesti solidi. Ancora oggi, pochissimi producono esperienze pensate davvero per il metaverso.
Uno scempio comunicativo e progettuale.
5 - Avidità travestita da innovazione
Le grandi aziende (da APPLE a META) si sono tuffate nel metaverso con l’obiettivo di vendere device costosi e servizi proprietari (come abbiamo fatto anche noi). Hanno spinto hardware immaturi, spesso abbandonandoli dopo pochi anni per inseguire la successiva moda tecnologica; l’intelligenza artificiale. Così facendo, hanno dimostrato che non ci credevano davvero: il metaverso era una scommessa tattica, non una visione strategica.
6 - Economie fragili e bolle speculative
Molti progetti si sono basati sulla speculazione immobiliare virtuale o sugli NFT, non su veri modelli di valore. Quando la bolla cripto è esplosa, il castello si è sgonfiato. Senza basi economiche reali né esperienze sostenibili, la fiducia è evaporata.
7 - L’irruzione dell’AI
Mentre il metaverso arrancava tra demo e promesse, l’AI generativa ha fatto qualcosa di radicale: ha offerto valore immediato, accessibile e concreto. ChatGPT, Midjourney e Copilot non richiedevano visori né nuove abitudini, solo una connessione. L’attenzione globale si è spostata in massa verso strumenti utili oggi, non domani.

Il Metaverso è Morto! Ma solo come Parola
Oggi molte aziende che fino al 2024 parlavano di “metaverso” vendono soluzioni XR, ma in realtà stiamo parlando della stessa idea di ambienti immersivi e interconnessi, solo con un nome diverso. Il termine “metaverso” è collassato sotto il peso dell’hype, delle promesse e degli scivoloni comunicativi. Era sovraccaricato di significati, associato a fallimenti e speculazioni, e quindi poco credibile.
Le tecnologie alla base, realtà virtuale, realtà aumentata, mondi 3D persistenti, non sono scomparse. Sono state semplicemente ripulite, segmentate e applicate a casi d’uso concreti: formazione, design, retail, collaborazione immersiva. In sostanza, non è morta la visione, è morta la narrazione. Le aziende hanno imparato che, per costruire qualcosa di solido, serve prima di tutto chiarezza concettuale e strategica.
Dalla retorica all’integrazione silenziosa
Oggi non si parla più di “metaverso”, ma le sue tecnologie non sono scomparse: vivono dentro l’XR, i gemelli digitali, la formazione immersiva, la progettazione collaborativa. L’approccio è cambiato: meno mondi paralleli, più integrazione graduale tra fisico e virtuale. Meno slogan, più lavoro silenzioso.
Però, non ripetiamo sempre gli Stessi errori
La storia recente del metaverso dovrebbe servirci da monito. La corsa cieca verso la prossima buzzword tecnologica non costruisce futuro: crea bolle, illusioni collettive e frustrazioni. Se vogliamo evitare di ripetere lo stesso schema con l’intelligenza artificiale, l’XR o qualunque altra tecnologia emergente, dobbiamo cambiare approccio alla radice.
Questo significa:
- – Comunicare con onestà e profondità, evitando narrazioni semplificate o messianiche.
- – Costruire contenuti nativi, esperienze autentiche e modelli di valore reali, non semplici vetrine.
- – Investire con visione strategica, senza inseguire trend passeggeri.
- – Educare, non vendere: creare una cultura tecnologica diffusa, che formi cittadini e professionisti consapevoli, non solo consumatori.
- – Integrare gradualmente, invece di imporre rivoluzioni dall’alto.
Ogni nuova tecnologia porta con sé promesse e pericoli. Il modo in cui la raccontiamo, la progettiamo e la diffondiamo determina se diventerà un tassello duraturo o un’altra meteora. La lezione del metaverso è chiara: non basta avere buone idee, bisogna saperle coltivare con lucidità e responsabilità.

Augusto Faglia
COO @ Vanilla Innovations, Inc.
Sono nato più o meno un eone fa, in un mondo analogico, lontano e solo dopo un paio di decenni, esattamente dopo aver messo le mani per la prima volta su un computer, ho capito cosa volevo fare nella e della mia vita. Da quel giorno ho iniziato il mio percorso di studio nell’informatica e, successivamente, ho iniziato la mia carriera come programmatore, poi analista e quindi amministratore di sistema prima di passare alla gestione dei progetti. Questo percorso, aiutato da alcune soft skill innate, mi ha portato nel tempo a diventare consulente per alcuni importanti attori dell’industria elettronica e ICT. Un ruolo che anche se ho amato, non mi donava ciò di cui ero in cerca.
Nonostante questo, e visto che l’affitto andava pagato ogni mese, passai quasi dieci anni saltellando da una azienda all’altra, fino all’incontro con il mio attuale socio con cui ho dato vita a Vanilla Innovations, Inc. di cui oggi sono COO. Da quel momento, con il mio team, do vita a progetti innovativi e con loro creo spazi virtuali unici, dedicati a promuovere il turismo, i territori e il patrimonio enogastronomico italiano nel mondo.